La verità sulla customer-centricity
Da qualche anno si sente molto parlare dell'importanza per qualsiasi tipo di azienda di diventare "customer-centred", cioè di mettere al centro i propri clienti. Ma cosa significa questo in pratica, e come si diversifica da quello che le aziende hanno fatto finora?
Alla prima domanda è facile rispondere: una veloce ricerca su internet riporta tantissimi link ad articoli di blog che spiegano che diventare customer-centred significa ascoltare il cliente, metterlo al centro dei processi organizzativi e assicurarsi che i suoi bisogni vengano soddisfatti (nella speranza che torni nuovamente a fare affari con noi). Alcuni siti aggiungono alla lista anche il miglioramento continuo di processi, prodotti e servizi.
Per quanto riguarda la teoria, non penso che nessuno abbia nulla da obiettare fin qui. Il vero problema appare quando si inizia a parlare di come mettere in pratica la trasformazione in un'azienda che si fondi sulla customer-centricity: l'ascolto del cliente viene sviluppato tramite sondaggi, feedback e questionari; il posizionamento del cliente al centro dell'azienda viene fatto tramite la creazione di "buyer personas" che definiscono le caratteristiche, i comportamenti e i bisogni del cliente ideale; la sua soddisfazione viene tracciata tramite KPIs (Key Performance Indicators, o indicatori chiave della performance); e il miglioramento continuo è monitorato attraverso software e dati informatici raccolti a seguito della digitalizzazione dei processi.
Il che mi porta alla mia seconda domanda: come si diversifica la customer-centricity da quello che le aziende hanno fatto finora? Da come la vedo io, non molto. Abbiamo tutti fatto l'esperienza di essere contattati (per email, a seguito di un acquisto, o alla fine di una telefonata con un servizio clienti) per dare un feedback al servizio o al prodotto acquistato; l'esperienza che è molto più rara è di vedere un cambiamento significativo del servizio o prodotto a seguito del feedback. Mi sbaglio?
Uno degli indicatori più importanti per qualsiasi azienda che in pochi conoscono è la domanda di errore (failure demand): domanda che è provocata dal servizio stesso quando non fa qualcosa, o non lo fa in maniera soddisfacente per il cliente. Si stima che, nelle aziende di servizi, è molto comune trovare fino al 60-70% di domanda di errore. [1]
La domanda di errore è inerente in qualsiasi servizio e, come detto poco fa, è creata dal servizio stesso. Quindi, ne consegue che può essere eliminata solo ri-disegnando il servizio così da renderlo, per l'appunto, customer-centred. Per fare questo, è importante avere un approccio sistemico: guardare all'organizzazione dall'esterno verso l'interno, comprendere la domanda dei clienti (che, soprattutto nel caso di aziende di servizi, è per sua natura altamente variabile) e disegnare un sistema che la possa soddisfare. Per mantenere il controllo in un ambiente così variabile è necessario integrare il potere decisionale con il lavoro stesso, il che significa lasciare che i lavoratori abbiano il potere di decidere cosa è meglio per il cliente e di agire di conseguenza. In un'azienda simile, il ruolo del manager cambia da una posizione gerarchica e decisionale (e a volte, diciamolo, antagonistica) a una di complementarità: agire sul sistema. Se i lavoratori controllano il lavoro, hanno bisogno che i manager agiscano sulle cose al di là del loro controllo che influiscono negativamente sul sistema: il modo in cui il lavoro funziona. Il risultato è un sistema flessibile e... customer-centrico! Se la domanda cambia, il sistema cambia. Citando l'esempio del Toyota Production System che tanto piace a consulenti e tipi di business - l'innovazione di Taiichi Ohno è stata quella di disegnare un sistema che produceva macchine alla velocità della domanda; la sfida per le aziende di servizi è quella di disegnare sistemi che assorbano la varietà della domanda fornendo il servizio migliore al minor costo. [2]
[1] Il concetto di failure demand è stato introdotto da John Seddon della Vanguard Consulting negli anni '80.
[2] SEDDON, John, 2008. Systems Thinking in the Public Sector: The Failure of the Reform Regime.... and a Manifesto for a Better Way. Vanguard Consulting Ltd, pp.57-58.